lunedì 19 gennaio 2015

Il nostro primo transfer

Il nostro blog ci tiene in contatto con l'amico Roberto Farioli che ci ha inviato questo bellissimo aneddoto, tratto dalla sua splendida carriera bridgistica. 
Lo ringrazio anche a nome di tutti i soci di ASBG e spero di averne presto un altro.

IL NOSTRO PRIMO TRANSFER 

Tra  le mille e mille convenzioni dichiarative che, più o meno produttivamente, costellano il bridge, nostro beneamato gioco, quella di maggiore successo è stata la Steyman, (dal cognome dei coniugi che l'hanno inventata) ancora oggi attualissima, pur datando più di quattordici lustri. Un'altra convenzione, più recente, che sta avendo grande successo, e sempre riferentesi all'apertura affascinante di 1NT, (ma con un suo sviluppo a volte trascurato o equivocato) è il transfer, (non con la "T" finale, che lasciamo al profondo linguaggio psicanalitico), da molti chiamata "piccola Texas" per la sua parentela con la "grande" già da tempo in uso. 

A proposito della quale Vi narreró un piacevole espisodio della mia lunga vita bridgistica. Correva l'Anno del Signore 1976: soggiornavo in Venezuela, dove mi guadagnavo la pagnotta dando lezioni di bridge a una agiatissima dama siciliana, dell'High Society di Caracas. Dovevamo, insieme, partecipare ad un importante Torneo internazionale all'Altamira Country Club: ma, per un avvicendarsi di svariate circostanze, proprio all'ultimissimo minuto, mi toccò, invece, di giocare con una giovanissima speranza del bridge venezuelano: Steve Hamaoui, dai biondi riccioli furbetti, lo sguardo dolce, e il sorriso accattivante.
Il tempo stringeva: la gente era giá ai tavoli: ci affrettammo in alcuni semplici accordi dichiarativi fondamentalmente basati sul naturale, con la raccomandazione, peró, da parte di Steve, se mai fosse capitato, di usare una nuovissima, splendida convenzione, da lui appena appresa in un suo recente viaggio a Fort Lauderdale, dallo stesso campione statunitense che l'aveva inventata: Oswald Jacoby. "Il Jacoby Transfer". Il tutto per per fare sempre giocare la mano da chi possiede maggior forza. 
Principió la competizione: la controcoppia, lo ricordo perfettamente, era formata da due segaligni signori, che io conoscevo di vista, e che sapevo ottimi giocatori. Primo di mano mi trovo, con piacevole sorpresa di chi sempre é contornato da avvilenti scartini, 18 punti, splendidamente bilanciati, ove brillavano di luce propria un Asso, Re, 10 quarto a cuori. Apro di 1NT (a quei tempi il NT era "sopravvalutato" a un 16/18), il mio avversario di mancina passa, e Steve non potendosi esimere da un sorrisetto, dato che si stava subito avverando, quello che solamente pochi minuti prima avevamo concertato, dichiarò 2 Quadri. L'avversario di dritta passò con voce languida e stanca, e io mi trovo a dichiarare 2Cuori, come dai patti stabiliti. Ma c'é un "ma": io  potevo avere 16 punti, e ne avevo 18, potevo avere due cartine a Cuori, e io avevo tutta quella bella roba. Arrischiai, con l'animo valoroso di chi sa osare: licitai 3Cuori, che lui concluse a 4! E fui l'unico a fare 10 prese, dal momento che, giocando la mano dalla parte della forza, il mio re di Fiori terzo, non fu messo subito allo sbaraglio, e potei, nel prosieguo, scartare una perdente di quel colore, su di una vincente che mi ero potuto creare. Per la cronaca il torneo fu da noi vinto, con un eccellente 65%!

Poi passò tanta acqua sotto i tanti ponti della nostra vita. Nella primavera del 2006, trent'anni dopo, mi trovavo a Salsomaggiore, con l'amata e valentissima compagna Carla Soldati, per partecipare al consueto Campionato Italiano Coppie Miste. Nel lobby del Palazzo Moresco, in attesa di incominciare la competizione, mi accorsi di un signore, abbastanza vicino a me, dai grigiastri riccioli furbetti, lo sguardo dolce e il sorriso accattivante. Stava chiacchierando con altre due persone. Non sono mai stato un grande fisionomista: ma, quella volta, i miei dubbi furono pochi, subito dissipati da Marina Causa, che, da me interpellata, mi confermò che si trattava di Steve Hamaoui, un signore venezuelano che viveva da tempo a Milano, accasato con una meneghina. Eccellente bridgista, concluse la bionda, avvenente amica. Lo avvicinai. Paternalmente gli misi una mano sulla spalla destra, e, quando lui, appena sorpreso, si voltò, gli domandai: "Mi riconosci?". Breve, brevissima fu la sua incertezza, il suo rapido percorso al passato: effimera la sua sorpresa. Quasi immediata la sua risposta: "Certamente! il NOSTRO "PRIMO TRANSFER!”.

Roberto Farioli

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